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SOCIALISMO DEMOCRATICO
Lun Mag 23, 2022 9:25 am
La socialdemocrazia e lo stato sociale.
In Europa occidentale - dove pure in base al modello sovietico sorsero numerosi partiti comunisti - la storia del Novecento è segnata dalla crescita di partiti socialisti che cercarono di perseguire obiettivi di giustizia sociale e affermazione dei diritti dei lavoratori, attraverso l'azione di grandi organizzazioni sindacali, la lotta politica democratica e il metodo parlamentare.
Il termine socialdemocrazia, composto da "socialismo" e "democrazia", designa in senso lato tutti i movimenti e partiti socialisti che nel Novecento - in opposizione ai comunisti, variamente legati al modello rivoluzionario russo - sviluppano una politica democratica di trasformazione graduale e riformista delle società europee.
Soprattutto all'azione dei partiti socialisti si deve il progressivo affermarsi delle politiche di welfare, che portarono soprattutto nel secondo dopoguerra alla nascita dello stato sociale.
Una giustificazione cristiana della democrazia.
È interessante a questo riguardo considerare la giustificazione che, da un punto di vista cristiano, offre della democrazia un filosofo cattolico molto influente, il francese Jacques Maritain, autore tra l'altro di un saggio intitolato Cristianesimo e democrazia. Per lui, la democrazia è una forma di governo in cui sono assicurati libertà della coscienza, rispetto della persona e solidarietà tra i membri della comunità. Secondo Maritain, però, le radici di questi valori democratici non devono essere ricercate nel giusnaturalismo moderno o nello stesso Rousseau, ma molto più indietro: la loro fonte è il vangelo, la loro 'essenza" è evangelica e cristiana.
Democrazia liberale e società di massa
Il modello statunitense e il costituzionalismo.
Dopo la sconfitta del nazifascismo nella Seconda guerra mondiale, anche in Europa occidentale si diffonde la democrazia costituzionale, debitrice dell'esperienza e della riflessione proprie soprattutto degli Stati Uniti.
Quel sistema, infatti, aveva dato prova di saper fronteggiare, attraverso una rigorosa divisione dei poteri e la funzione di garanzia svolta dalla Corte suprema, i rischi di quella "tirannia della maggioranza" paventati da liberali ottocenteschi come Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill e divenuti tragica realtà in Europa nella prima metà del XX secolo, con l'avvento dei totalitarismi.
Dewey, progresso scientifico e democrazia.
L'esperienza storica dei totalitarismi e la consapevolezza dei pericoli insiti nell'appello a una sovranità popolare esercitata senza gli indispensabili limiti e controlli, porta i maggiori teorici novecenteschi della democrazia a insistere non solo e non tanto sul fondamento popolare dei regimi democratici, quanto e soprattutto sulla tutela dei diritti individuali, sul loro pluralismo interno, sulla capacità di autocorrezione delle scelte politiche che in essi è possibile. Così per esempio John Dewey, negli anni trenta vicino alla politica del presidente statunitense FD. Roosevelt, ritiene che la ragione di fondo per preferire la democrazia stia nella sua capacità di ottimizzare le potenzialità individuali, orientandole a vantaggio dell'intera società. Nel sistema democratico, infatti, è rispettata la dignità di ciascuno e tutti sono chiamati a esprimere le proprie idee, a prender parte alle decisioni politiche, a offrire il proprio contributo al benessere generale. In questo senso, la democrazia realizza sul piano sociale le potenzialità proprie del metodo scientifico: come la scienza è attività collettiva, in cui la ricerca individuale è condizione del progresso della comunità scientifica, così - dice Dewey - la democrazia è la forma politica che meglio armonizza le esigenze dell'individuo con quelle della società. Inoltre, se la scienza comporta l'esclusione di ogni verità assoluta e prevede strumenti di autocorrezione, allo stesso modo il sistema democratico non ammette nessun privilegio, e prevede il controllo e la correzione delle decisioni prese.
In Europa occidentale - dove pure in base al modello sovietico sorsero numerosi partiti comunisti - la storia del Novecento è segnata dalla crescita di partiti socialisti che cercarono di perseguire obiettivi di giustizia sociale e affermazione dei diritti dei lavoratori, attraverso l'azione di grandi organizzazioni sindacali, la lotta politica democratica e il metodo parlamentare.
Il termine socialdemocrazia, composto da "socialismo" e "democrazia", designa in senso lato tutti i movimenti e partiti socialisti che nel Novecento - in opposizione ai comunisti, variamente legati al modello rivoluzionario russo - sviluppano una politica democratica di trasformazione graduale e riformista delle società europee.
Soprattutto all'azione dei partiti socialisti si deve il progressivo affermarsi delle politiche di welfare, che portarono soprattutto nel secondo dopoguerra alla nascita dello stato sociale.
Una giustificazione cristiana della democrazia.
È interessante a questo riguardo considerare la giustificazione che, da un punto di vista cristiano, offre della democrazia un filosofo cattolico molto influente, il francese Jacques Maritain, autore tra l'altro di un saggio intitolato Cristianesimo e democrazia. Per lui, la democrazia è una forma di governo in cui sono assicurati libertà della coscienza, rispetto della persona e solidarietà tra i membri della comunità. Secondo Maritain, però, le radici di questi valori democratici non devono essere ricercate nel giusnaturalismo moderno o nello stesso Rousseau, ma molto più indietro: la loro fonte è il vangelo, la loro 'essenza" è evangelica e cristiana.
Democrazia liberale e società di massa
Il modello statunitense e il costituzionalismo.
Dopo la sconfitta del nazifascismo nella Seconda guerra mondiale, anche in Europa occidentale si diffonde la democrazia costituzionale, debitrice dell'esperienza e della riflessione proprie soprattutto degli Stati Uniti.
Quel sistema, infatti, aveva dato prova di saper fronteggiare, attraverso una rigorosa divisione dei poteri e la funzione di garanzia svolta dalla Corte suprema, i rischi di quella "tirannia della maggioranza" paventati da liberali ottocenteschi come Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill e divenuti tragica realtà in Europa nella prima metà del XX secolo, con l'avvento dei totalitarismi.
Dewey, progresso scientifico e democrazia.
L'esperienza storica dei totalitarismi e la consapevolezza dei pericoli insiti nell'appello a una sovranità popolare esercitata senza gli indispensabili limiti e controlli, porta i maggiori teorici novecenteschi della democrazia a insistere non solo e non tanto sul fondamento popolare dei regimi democratici, quanto e soprattutto sulla tutela dei diritti individuali, sul loro pluralismo interno, sulla capacità di autocorrezione delle scelte politiche che in essi è possibile. Così per esempio John Dewey, negli anni trenta vicino alla politica del presidente statunitense FD. Roosevelt, ritiene che la ragione di fondo per preferire la democrazia stia nella sua capacità di ottimizzare le potenzialità individuali, orientandole a vantaggio dell'intera società. Nel sistema democratico, infatti, è rispettata la dignità di ciascuno e tutti sono chiamati a esprimere le proprie idee, a prender parte alle decisioni politiche, a offrire il proprio contributo al benessere generale. In questo senso, la democrazia realizza sul piano sociale le potenzialità proprie del metodo scientifico: come la scienza è attività collettiva, in cui la ricerca individuale è condizione del progresso della comunità scientifica, così - dice Dewey - la democrazia è la forma politica che meglio armonizza le esigenze dell'individuo con quelle della società. Inoltre, se la scienza comporta l'esclusione di ogni verità assoluta e prevede strumenti di autocorrezione, allo stesso modo il sistema democratico non ammette nessun privilegio, e prevede il controllo e la correzione delle decisioni prese.
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